I prezzi del petrolio hanno chiuso la settimana con un bilancio positivo, sostenuti in particolare dall’interruzione delle esportazioni di carburante dalla Russia, conseguenza dei recenti attacchi con droni contro infrastrutture energetiche russe da parte dell’Ucraina.
Venerdì il Brent ha registrato un lieve rialzo di 0,14% attestandosi a 69,68 dollari al barile, mentre il WTI statunitense ha perso marginalmente lo 0,05% scendendo a 65,19 dollari. Nonostante il calo nella seduta finale, entrambi i benchmark hanno archiviato la settimana con i guadagni più consistenti da metà giugno: +4,56% per il Brent e +3,94% per il WTI.
Il conflitto russo-ucraino rimane il principale fattore di incertezza, con i ripetuti attacchi ucraini che iniziano a incidere in modo significativo sulla capacità di raffinazione russa. A fronte delle difficoltà produttive, il vicepremier russo Alexander Novak ha annunciato il prolungamento del divieto di esportazione di benzina e l’introduzione di restrizioni parziali sull’export di diesel fino a fine anno. Le limitazioni hanno già causato carenze di alcune tipologie di carburante in diverse regioni del Paese.
Sul piano geopolitico, le dichiarazioni della NATO circa una possibile reazione a eventuali nuove violazioni dello spazio aereo dei Paesi membri hanno alimentato ulteriormente i timori di escalation, aumentando la probabilità di nuove sanzioni nei confronti del settore energetico russo.
Dal lato dell’offerta globale, la compagnia statale irachena SOMO ha confermato la ripresa delle esportazioni di greggio dalla regione autonoma del Kurdistan, con i flussi destinati a raggiungere il porto turco di Ceyhan attraverso l’oleodotto dedicato.
Negli Stati Uniti, i dati Baker Hughes hanno mostrato che per la quarta settimana consecutiva è aumentato il numero di impianti di trivellazione attivi, segnando la prima sequenza positiva da febbraio. Nella settimana conclusa il 26 settembre, il conteggio complessivo di piattaforme petrolifere e di gas è salito di sette unità a quota 549, il livello più alto da giugno. Rimane tuttavia inferiore del 6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Nel dettaglio, le trivelle petrolifere sono cresciute di sei unità arrivando a 424, massimo da luglio, mentre quelle dedicate al gas naturale sono diminuite di una, scendendo a 117, minimo da luglio. Nel bacino del Permian – cuore produttivo tra Texas occidentale e Nuovo Messico – si è registrata una flessione di una piattaforma a 253, il livello più basso dal settembre 2021. Al contrario, nella formazione di Utica (Appalachia) si è osservato un incremento di una unità a 14, massimo da marzo 2023, mentre in Ohio il conteggio è salito a 13, livello più elevato da febbraio 2024.
Informazioni sull'autore: Alessio Moretti
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di: Alessio Moretti 11 Settembre 2025 10:54
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