I prezzi del petrolio sono schizzati verso l’alto nella giornata di venerdì, chiudendo con un balzo superiore al 6%, in scia all’intensificarsi delle tensioni tra Israele e Iran. L’escalation militare, culminata in un reciproco scambio di attacchi aerei, ha alimentato i timori degli investitori per possibili interruzioni nell’export di greggio dal Medio Oriente.
Il Brent ha terminato la seduta a 74,54 dollari al barile, registrando un incremento di 4,28 dollari, pari al +6,09%. Nel corso della giornata, aveva raggiunto un picco di 78,50 dollari – il livello più alto dal 27 gennaio – con un guadagno settimanale del +11,89%.
Anche il WTI (West Texas Intermediate) ha mostrato una performance simile, chiudendo a 73,18 dollari al barile, in aumento di 4,62 dollari (+6,74%). Durante la sessione aveva toccato quota 77,62 dollari, il massimo dal 21 gennaio. Su base settimanale, il WTI ha messo a segno un +12,98%.
Gli scontri in medio oriente alimentano i timori di una diminuzione dell’offerta di greggio
La nuova ondata di tensioni è iniziata venerdì, quando Israele ha dichiarato di aver colpito strutture nucleari iraniane, impianti per la produzione di missili balistici e postazioni militari strategiche. L’azione è avvenuta all’indomani della dichiarazione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), che ha accusato formalmente Teheran di violazioni degli obblighi di non proliferazione – fatto che non si verificava da quasi vent’anni. Israele ha annunciato l’avvio di un’operazione prolungata per impedire lo sviluppo di un’arma atomica da parte dell’Iran. Teheran, dal canto suo, ha promesso una dura reazione: nelle ore successive alla chiusura dei mercati si sono verificati diversi lanci di missili verso Israele.
Nonostante le tensioni, la National Iranian Oil Refining and Distribution Company ha rassicurato sullo stato delle sue infrastrutture, dichiarando che gli impianti di raffinazione e stoccaggio sono ancora pienamente operativi. L’Iran, membro dell’OPEC, produce attualmente circa 3,3 milioni di barili al giorno e ne esporta oltre 2 milioni tra greggio e carburanti. Gli analisti ritengono che la capacità produttiva inutilizzata all’interno del gruppo OPEC+ sia in grado, almeno teoricamente, di compensare un eventuale blocco delle forniture iraniane.
Un ulteriore elemento di preoccupazione riguarda lo Stretto di Hormuz, snodo cruciale per il traffico marittimo globale, da cui transita circa un quinto del consumo mondiale di petrolio (tra 18 e 19 milioni di barili al giorno).
Nel frattempo, secondo i dati pubblicati dalla Commodity Futures Trading Commission (CFTC) statunitense, nella settimana conclusasi il 10 giugno i fondi speculativi hanno aumentato le loro posizioni nette lunghe su future e opzioni del greggio USA, con un incremento di 15.157 contratti, per un totale di 121.911.
Infine, il report settimanale di Baker Hughes mostra che il numero di impianti attivi per l’estrazione di petrolio e gas negli Stati Uniti è diminuito per la settima settimana consecutiva. Il numero totale di trivelle è oggi inferiore del 6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. In particolare, le trivelle petrolifere sono scese a 439, il livello più basso da ottobre 2021, mentre quelle per il gas si attestano a 113, in calo di una unità.
Analisi tecnica future WTI – 16 giugno 2025
Dopo i cospicui rialzi della scorsa ottava, la nuova settimana è iniziata in ribasso per il future sul greggio WTI.
In questo lunedì 16 giugno il mercato scambia al momento della scrittura intorno i 71 dollari al barile, mostrando un calo superiore al 2%.
La struttura tecnica è però costruttiva. Con la chiusura di venerdì sopra i 73 dollari il mercato si è riportato sopra la media mobile a 200 periodi, un altro segnale positivo è arrivato dal breakout della resistenza a 72 dollari.
E’ normale ora assistere a delle correzioni visto l’exploit di venerdì, ma riteniamo plausibile assistere nelle prossime sedute a nuovi acquisti con target la resistenza a 76 dollari.
In questo momento troviamo un importante supporto dal punto di vista statico e volumetrico a quota 72 dollari e ci aspettiamo che un eventuale test possa costituire occasione di acquisto.
Dovessimo scendere sotto i 71,50 è probabile che andremo a testare la prossima area chiave di supporto a quota 70 dollari; in ogni caso discese fino a 68.5 dollari, dove attualmente passa la media mobile a 200 periodi, non invaliderebbero l’attuale struttura tecnica rialzista, poiché solo in caso di discesa sotto i 68 dollari è probabile che vedremo un’accelerazione al ribasso.
Informazioni sull'autore: Alessio Moretti
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