I prezzi del petrolio hanno chiuso la seduta di giovedì in deciso ribasso, tornando sui livelli più bassi da ottobre.
Il Brent ha archiviato la giornata a 61,58 dollari al barile, in calo di 1,08 dollari (-1,72%), mentre il WTI si è attestato a 57,91 dollari, in flessione di 0,96 dollari (-1,63%).
Il movimento ribassista si è verificato nonostante il persistere delle tensioni geopolitiche tra Ucraina e Russia.
Secondo quanto riportato da Reuters, droni ucraini hanno colpito per la prima volta una piattaforma petrolifera russa nel Mar Caspio, costringendo alla sospensione delle attività di estrazione di petrolio e gas. Tuttavia, l’impatto di questi eventi sul mercato è stato limitato, segno che gli operatori continuano a concentrarsi prevalentemente sulle dinamiche di offerta globale.
Il calo di giovedì ha in parte annullato i rialzi della seduta precedente, quando Brent e WTI avevano beneficiato della notizia relativa al sequestro da parte degli Stati Uniti di una petroliera al largo del Venezuela, evento che aveva riacceso i timori di interruzioni nelle forniture in un contesto di crescenti frizioni tra Washington e Caracas.
Nel frattempo, fonti industriali e trader segnalano che gli acquirenti asiatici stanno richiedendo sconti più elevati sul greggio venezuelano, penalizzato dall’aumento dei flussi di petrolio sanzionato proveniente da Russia e Iran e dai maggiori rischi logistici in Venezuela, aggravati dall’espansione della presenza militare statunitense nei Caraibi.
IEA: surplus globale ridimensionato, ma resta abbondanza di offerta
Nel suo ultimo Oil Market Report, l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha rivisto al ribasso le stime sul surplus globale di offerta per il prossimo anno. Secondo l’agenzia, nel 2026 l’offerta supererà la domanda di 3,84 milioni di barili al giorno, rispetto ai 4,09 milioni bpd stimati a novembre. La revisione riflette prospettive di domanda più solide, sostenute da un miglioramento del contesto macroeconomico globale e da una produzione inferiore alle attese nei Paesi soggetti a sanzioni.
La crescita dell’offerta nel 2025 e 2026 rimane comunque significativa, trainata dall’aumento della produzione OPEC+ e dall’espansione di Stati Uniti e altri produttori non-OPEC. Tuttavia, la IEA ha rivisto al rialzo anche le stime sulla domanda:
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2026: +860.000 bpd (+90.000 bpd rispetto alle stime precedenti)
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2025: +830.000 bpd (+40.000 bpd)
L’agenzia sottolinea che prezzi più bassi del petrolio e un dollaro debole, entrambi vicini ai minimi degli ultimi quattro anni, dovrebbero fornire ulteriore supporto alla domanda nel corso del 2025, con la crescita quasi interamente concentrata nei Paesi non OCSE.
Sul fronte dell’offerta, la IEA prevede ora un incremento globale di 2,4 milioni bpd nel 2026, leggermente inferiore alle stime precedenti, a causa delle persistenti restrizioni sulle esportazioni di Russia e Venezuela.
OPEC: equilibrio domanda-offerta nel 2026
Anche l’OPEC, nel suo Monthly Oil Market Report, ha confermato una visione prudente. Il cartello prevede che domanda e offerta globale saranno sostanzialmente in equilibrio nel 2026 e ha ribadito l’intenzione di congelare eventuali aumenti di produzione nel primo trimestre del 2026, in risposta ai diffusi timori di un eccesso di offerta.
A novembre, la produzione OPEC+ si è attestata a 43,06 milioni di barili al giorno, in aumento di 43.000 bpd rispetto al mese precedente. Per il 2026, l’organizzazione stima una domanda media di 43 milioni bpd per il greggio OPEC+, in linea con i livelli produttivi attuali, mentre per il primo trimestre la domanda è vista a 42,6 milioni bpd.
L’OPEC ha infine confermato le proprie previsioni di crescita della domanda globale per il 2025 e 2026, ribadendo che l’economia mondiale rimane complessivamente solida, nonostante le incertezze geopolitiche e le pressioni sul lato dell’offerta.
Informazioni sull'autore: Alessio Moretti
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di: Alessio Moretti 11 Settembre 2025 10:54
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